Gianpiero, Il nonno smart che vive a Tonga

Beppe Minello, La Stampa Torino

«Nessun luogo è lontano», è il titolo di un fortunato podcast radiofonico. Ma quello di Gianpiero Orbassano è sicuramente il più lontano. Perché da 30 anni vive a Tonga, le antiche “Isole dell’amicizia” del Pacifico, tra Samoa, le Isole Cook e la Nuova Zelanda che, geograficamente parlando, è agli antipodi dell’Italia. Il signor Orbassano, 71 anni, è il più lontano allievo iscritto a “Nonni Smart” il corso gratuito organizzato da Specchio dei tempi e da Specchio d’Italia, per insegnare agli over e ai molto over a districarsi nel fantastico e ormai indispensabile mondo digitale.

Orbassano è uno dei quasi 10 mila iscritti al corso in tutta Italia, una cinquantina dei quali sparsi un po’ ovunque sul pianeta. C’è chi si collega al sito www.nonnismart.org dalla Cina, dal Sud America, dal Sud Est Asiatico e datanti Paesi europei. Gianpiero Orbassano non è completamente sconosciuto ai più, perché è il fondatore e presidente – e probabilmente l’unico iscritto – al Toro Club Tonga, «il Club ufficiale più lontano al mondo dall’Italia» scrive nella fortunosa intervista confezionata via mail ché le comunicazioni con quello sperduto angolo di Pacifico Meridionale non sono tra le migliori da quando, nel 2015, fu devastato da un’eruzione vulcanica da un’isola spuntata dal mare un decennio prima. Il nostro, fotografo ufficiale degli ultimi tre re di Tonga, immortalò per primo l’eccezionale evento e conseguente disastro mostrandolo al mondo. «Alle 5 del pomeriggio – ricorda – il cielo divenne notte per i fumi vulcanici, la terra che tremava per i botti. Prima sono piovute piccole palline di lava e poi cenere per tutta la notte. Al mattino, una coltre grigia e spessa una decina di centimetri ricopriva l’isola. Le strade erano bloccate, le telecomunicazioni non funzionavano, l’elettricità interrotta. Isolati dal mondo. Solo una settimana dopo, con l’arrivo dei primi aiuti umanitari si è iniziato a ripulire e a valutare i danni. Per fortuna ci sono state solo 3 vittime, tra le quali una nostra carissima amica inglese. Ora il vulcano è sprofondato a 800 metri sotto l’Oceano ma è ancora attivo. E il Paese in ginocchio. Tutti i resort e le attività legate al turismo, la più importante fonte di reddito, sono state distrutte. Per sei mesi l’agricoltura ha smesso di esistere e solo ora è tornata florida anche grazie a quella cenere che l’aveva tramortita». Non solo l’agricoltura è stata compromessa: «I tanti stranieri che vivevano qui come me se ne sono andati, le telecomunicazioni sono state ripristinate grazie ai satelliti di Elon Musk che continuiamo a utilizzare anche ora. La cenere continua a spuntare ovunque». Gianpiero Orbassano condivide l’avventura a Tongatapu, l’isola maggiore del Regno di Tonga, con la moglie Daniela, sua coetanea, nel villaggio di Vaini, a una dozzina di chilometri dalla capitale Nuku’alofa. Il figlio Federico, nato nel ’77 a Torino, si è ormai trasferito a Los Angeles: «Ha tre figli e fa lo chef».

Un passato di fotografo, giornalista di viaggi, artista, collaboratore della Compagnia di San Paolo e con un’agenzia fotogiornalistica milanese, Gianpiero Orbassano quando si trasferi con la famiglia a Tonga apri una agenzia di viaggi e poi un hotel e ristorante. «Quando vendemmo tutto – ricorda – ci annoiavamo e allora abbiamo aperto un piccolo shop di specialità e vini italiani chiuso anch’esso da qualche mese. Ora siamo in pensione». Appassionato fotografo ma refrattario al digitale («solo da poco ho imparato a mandare sms…») ha colto al volo l’occasione offertagli da “Nonni Smart”. Il signor Gianpiero può adesso, grazie al corso gratuito di Specchio dei tempi e Specchio d’Italia, combattere la nostalgia tenendosi in contatto con gli amici rimasti a Torino e in Italia e facendosi mandare le specialità e i prodotti italiani. Una sola cosa lo disturba e lo fa meditare sulla necessità di tornare: «È l’assoluta carenza sanitaria di Tonga. Io e mia moglie con i nostri 71 anni, se dovessimo avere qualcosa di peggio di un’emicrania, rischieremmo di lasciarci le penne…». Allora, arrivederci! «Apongi!», ci risponde in tonghese.