Per i profughi birmani

Il popolo birmano attraversa un periodo drammatico ed oscuro, funestato dalle violenze successive al golpe militare con decine di morti e terrore per le strade. Specchio d’Italia lancia un progetto per aiutare i profughi che cercano rifugio nella vicina Thailandia, ma che sono privi di qualsiasi risorsa. Centinaia di birmani lasciano infatti ogni giorno il Myanmar, terrorizzati anche dal sistematico lancio di granate da parte dell’esercito per scoraggiare qualsiasi dimostrazione e qualsiasi assembramento.

L’unica strada per lasciare il paese è attraversare il fiume Kraburi, che di fronte a Kawthaung presenta un largo istmo e così raggiungere la cittadina thailandese di Ranong. Sono soprattutto donne, anziani e bambini, perché la maggioranza degli uomini preferisce, in questa fase, restare nei campi ad accudire gli animali, oppure continuare a badare alla raccolta del caucciù dagli alberi della gomma.  E’ gente povera, poverissima, del tutto priva di risorse adatte ad una fuga tanto disperata. Che, per raggiungere la Thailandia, deve anche fare i conti con i militari thai che hanno spesso respinto con la forza questi tentativi di emigrazione.

Comunque, quasi tutti prima o poi riescono a raggiungere la città di Ranong, nei pressi della quale è in costruzione un campo per accoglierli. La grande maggioranza trova ripari di fortuna o, semplicemente, dorme sotto le stelle, approfittando della stagione secca, che però sta per finire. La grande maggioranza dei profughi appartiene all’etnia Karen, la più invisa ai militari birmani perché portatrice di storiche istanze separatiste. I karen vivono tutti nel sud del paese, sono in prevalenza buddhisti ma con una crescente componente cattolica. Gente fiera e coraggiosa, forte della propria identità, legatissima alla propria terra. Accanto ai karen ci sono anche tanti birmani scesi dal nord, da Yangoon e persino da Mandalay, che stanno migliaia di chilometri più a nord.

Specchio d’Italia prosegue l’esperienza della fondazione sorella Specchio dei tempi, che è attiva da 16 anni in questa area. Dopo lo tsunami, a Surat Thani ed a Batong, ha costruito una scuola professionale ed un orfanotrofio. Da tre anni sostiene a Kawthaung l’attività della onlus torinese Medacross, guidata dal professor Daniele Regge dell’IRCC di Candiolo che offre servizi medici gratuiti nei villaggi e sulle isole dell’arcipelago.

I forti rapporti con il vescovo salesiano (cha ha studiato a Torino) Joseph Prathan ci hanno consentito di allacciare subito importanti contatti a Ranong dove ci prefiggiamo di offrire, in tempi molto brevi, assistenza sanitaria ai profughi(che non possono accedere, in quanto irregolari, alla sanità thailandese) nonché aiuti alimentari alle famiglie.

Cliniche mobili in Birmania

Il Myanmar (Birmania) è uno dei paesi più poveri del pianeta. Nella zona sud del paese, a Kawthaung, in un’area flagellata da malaria e dengue, oltre che dalla tratta di prostituzione minorile, dall’A.I.D.S. e dal mercato illegale della droga, svolgiamo da quattro anni un progetto sanitario. Abbiamo cominciato nel 2016 con la fondazione Specchio dei tempi, e oggi il progetto è sostenuto anche da Specchio d’Italia. Sul territorio viene sviluppato ogni giorno da Medacross, una onlus di cui siamo i principali finanziatori. 

Lavoriamo attualmente con due obiettivi. Il primo è quello di garantire la quotidiana attività di un ambulatorio medico gratuito a Kawthaung, città al confine con la Thailandia, dove i servizi sanitari sono del tutto inadeguati e la popolazione è costretta a cercare cure a pagamento, senza potersele permettere. Nella nostra Basic Health Clinic abbiamo in cura 4000 pazienti e operiamo una media di 50 visite al giorno. Il secondo obiettivo è un’attività di cliniche mobili: utilizziamo fuoristrada e barche con a bordo un medico e due infermieri, per raggiungere i villaggi più sperduti. Sono oltre venti quelli dove riusciamo ad arrivare, in un raggio di 150 chilometri. Portiamo cure a migliaia di persone, in particolare bambini affetti da malnutrizione e problemi respiratori.

Abbiamo promosso anche diverse missioni di medici italiani in Birmania per formare il personale locale. In particolare, insieme a Medacross stiamo ora potenziando l’Aung Bar Station Hospital, un piccolo ospedale rurale: vogliamo migliorarne i servizi e l’approvvigionamento di medicinali in modo da coprire il fabbisogno sanitario della popolazione che vive e lavora nell’area e che al momento è costretta a percorrere 80 chilometri per raggiungere Kawthaung. Nei prossimi mesi continueremo a dare speranza a un paese straziato dalle recenti tensioni politiche che potrebbero portare ad un ulteriore impoverimento.